I problemi generati dallo spandimento di fanghi da depurazione in agricoltura sono ripetutamente all’attenzione delle cronache soprattutto per gli impatti olfattivi che causano spesso.
La pratica desta preoccupazioni per l’inquinamento dei terreni e delle acque che può generare. Inoltre, solleva dubbi sulla qualità dei prodotti agricoli provenienti dai terreni trattati.
La normativa nazionale sull’utilizzo dei fanghi da depurazione in agricoltura
L’uso di fanghi di depurazione in agricoltura è disciplinato a livello comunitario dalla Direttiva 12 giugno 1986, n. 86/278/CEE concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura.
La direttiva è stata recepita in Italia dal Decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 che regolamenta questa pratica.
Il D.Lgs 99/92 conferisce alle Regioni la facoltà di stabilire ulteriori limiti e condizioni. Questi dipenderanno dalle caratteristiche dei suoli, dai tipi di colture praticate, dalla composizione dei fanghi, dalle modalità di trattamento.
Il 7 aprile 2016 è stato presentato un disegno di legge “Delega al Governo per la modifica della normativa in materia di utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura” per aggiornare e uniformare la normativa, migliorare i controlli e aumentare la tutela ambientale.
La normativa lombarda sull’utilizzo dei fanghi da depurazione
A livello locale, le “Prescrizioni integrative tipo per le autorizzazioni all’utilizzo, a beneficio dell’agricoltura, dei fanghi di depurazione delle acque reflue di impianti civili ed industriali” sono riportate dalla dgr X/5269 del 6 giugno 2016.
La delibera approva le prescrizioni integrative riportate nell’allegato alla stessa.
Gli atti autorizzativi delle Autorità competenti devono essere adeguati in modo che le nuove prescrizioni siano efficaci dal 01/02/17.